ANIMALINEWS

ESTINZIONE DEL MAMMUT LANOSO

Articolo di Roberta Sevà

Tra verità e leggenda: l’enigma dell’estinzione del mammut lanoso

Le ultime scoperte paleoantropologiche stanno confermando una disastrosa concezione dell’uomo che negli ultimi decenni si sta rivelando sempre più veritiera; siamo parassiti geniali che porteranno il nostro pianeta sull’orlo di un baratro ad un passo dall’estinzione.

Negli ultimi mesi sono stati parecchi gli articoli che hanno trattato dell’estinzione del mammut lanoso e del coinvolgimento dell’uomo come causa primaria o concausa. Un alternarsi di accuse e smentite che vedono i nostri antenati gli attori principali per la sparizione di questi iconici animali.

Un “già sentito” che rimbalza nei secoli ci vede come esseri senza scrupoli, perfetti estimatori di un ego troppo grande per lasciar spazio anche agli altri esseri viventi che popolano la Terra.

Una Verità Scomoda Da Accettare

homo erectus

Un recente studio, intrapreso dai ricercatori dell’Università di Tel Aviv sullo sviluppo della caccia negli ultimi 1.5 milioni di anni, ci vede come protagonisti dell’estinzione della megafauna al volgere del Quaternario.

Una dichiarazione del Dott. Miki Ben Dor del Jacob M. Alknow Department of Archeology and Acient Near Eastern Cultures a riguardo, può farci capire le ipotesi conclusive di questo studio:

“Le nostre scoperte ci consentono di proporre un’ipotesi affascinante sullo sviluppo dell’umanità; gli hanno sempre preferito cacciare gli animali più grandi disponibili nel loro ambiente, fino a quando questi sono diventati molto rari o estinti, costringendo i cacciatori preistorici a cercare la successiva per dimensioni. Di conseguenza, per ottenere la stessa quantità di cibo, in ogni specie umana apparsa nel Levante meridionale è stata costretta a cacciare animali più piccoli rispetto al suo predecessore, e di conseguenza ha dovuto sviluppare tecnologie più avanzate ed efficaci. Mentre le lance erano sufficienti per Homo Erectus per uccidere gli elefanti a distanza ravvicinata, gli uomini moderni hanno sviluppato l’arco e le frecce per uccidere le gazzelle che corrono veloci a distanza”.

Questo studio, però, è stato circoscritto ad una zona limitata e coinvolge il Levante meridionale ma se si vuole arrivare ad avere una visione più ampia e, per quel che permette il tempo, più completa, bisogna ampliare il nostro raggio di studio a tutto il pianeta.

Non Può Essere Solo Colpa Nostra l’estinzione

mammoth
Mammut lanoso

Un lavoro recente, che coinvolge vari Paesi tra cui Australia, Danimarca, Inghilterra e Cina e al quale hanno collaborato varie Università ed Enti, pubblicato su Ecology Letters , ampia lo scenario a tutto il globo, lavorando a cavallo tra Pleistocene e Olocene.

Grazie a questo studio approfondito e a tecniche di ricerca innovative, sono riusciti a elaborare 90.000 scenari differenti, dove gli eventi sviluppano possibilità divergenti e proiettano diverse conseguenze vero simili. Quello che emerge riguardo l’estinzione del Mammut Lanoso è una sinergia complessa di eventi che coinvolgono, indubbiamente, l’uomo ma non lo rendono la causa unica.

La prima cosa che emerge dalla ricerca è che la sparizione di questo mastodonte è stata un processo lunghissimo che ha coinvolto entrambe le ere e che le cause dell’estinzione sono da ricercare in uno spazio temporale di vari millenni. Già da questo si evince l’impossibilità di attribuire la sua scomparsa, unicamente all’essere umano.

Le Cause dell’estinzione

I frequenti cambiamenti climatici che si sono avuti in queste due ere hanno portato ad un cambiamento strutturale del nostro pianeta con conseguenze che si sono estese anche alla flora e alla fauna.

Le glaciazioni sono state un passaggio importante che hanno dato vita a continui cambiamenti del paesaggio, specialmente a quello costiero; la differenza del livello del mare poteva raggiungere i 65m. di differenza tra un periodo di clima temperato e uno glaciale. Il bioma dominante, all’epoca, era la cosiddetta “steppa dei mammut”, una distesa rappresentata da un mare d’erba e arbusti che si estendeva dalla Spagna al Canada e, dall’Artico alla Cina meridionale e che è andata via, via, riducendosi, lasciando spazio alle foreste che, fino ad allora, erano state quasi del tutto assenti; fatta eccezione per alcuni assembramenti sui monti dell’Europa meridionale.

scheletro mammut

Questo ha portato il mammut ad una migrazione forzata per poter vivere nel suo habitat. Gli spazi andarono sempre più restringendosi e le immense distese di tundra diventarono sempre più esigue. La difficoltà nel procacciarsi il cibo ha fatto sì che il numero di esemplari andasse sempre più diminuendo, poiché è noto che in natura la difficoltà dell’approvvigionamento alimentare funge da regolatore delle specie.

In concomitanza con la progressiva scomparsa del loro ambiente c’è da considerare l’espansione delle varie specie di ominidi, che era invece favorita dal clima più mite. L’espansione degli umani verso nord a partire dal tardo Pleistocene ha portato l’estinzione in Eurasia di zone che sarebbero state ancora idonee, accelerandone il declino, l’occupazione dei territori già limitati ha portato così ad un ulteriore riduzione del mammut.

Mar Glaciale Artico

Anche la caccia, ovviamente, ha avuto una rilevanza da non sottovalutare, soprattutto quando avveniva in zone sensibili come i “corridoi”, essenziali per i movimenti di gruppo. Ultima, ma non ultima, concausa che ha portato all’estinzione di questo incedibile animale è stata la riproduzione tra consanguinei.

Come già detto in precedenza, i cambiamenti climatici e l’essere umano hanno costretto il mammut a vivere in spazi sempre più ridotti e isolati, questo ha portato alla formazione di gruppi sempre più piccoli. L’impossibilità, inoltre di scambi tra un gruppo e l’altro ha fatto si che la riproduzione, nel corso del tempo, avvenisse sempre più spesso tra consanguinei.

L’ultimo rifugio del mammut lanoso è stato l’Isola di Wrangler, nel Mar Glaciale Artico, all’inizio si trattava di una penisola, collegata da un sottile lembo di terra al continente ma con lo scioglimento dei ghiacci il sito venne isolato per sempre.

Questo ebbe sia il vantaggio di preservare la specie, che si esistine definitivamente 4000 anni fa circa, quindi in epoca molto più recente di quanto non si sia creduto precedentemente, ma ha avuto anche lo svantaggio della consanguineità, che ha portato gli ultimi esemplari ad avere diversi problemi di natura genetica.

Homo: Nati Per Estinguere

tartaruga gigante
Tartaruga gigante

Se è improbabile attribuire all’uomo l’estinzione del mammut lanoso, è verosimile che possa però essere stato la causa di varie estinzioni. Un breve excursus potrà fare un po’ di chiarezza. 1.7 milioni di anni fa, in Africa, con l’apparizione dei primi Homo hanno avuto luogo le prime estinzioni a cui si possa attribuire un’origine antropica.

Le prime specie a sparire furono le tartarughe giganti alle quali seguirono le specie dei proboscidati 1.4 milioni di anni fa, che passarono da 9 a 2.

Dopodiché vi furono altri grandi mammiferi come l’ippopotamo e predatori giganti come le iene.

Percorso analogo anche in Eurasia: 1.4 milioni di anni fa le prime a fare la loro scomparsa, nel primo ciclo di estinzioni, furono le tartarughe seguite dall’elefante dalle zanne dritte tra i 100.000 e i 50.000 anni fa. Il secondo ciclo ebbe luogo approssimativamente 60.000 di anni fa, con la comparsa di Homo Sapiens e la scomparsa del rinoceronte, dell’orso delle caverne, dell’antilope e dell’ippopotamo.

Con l’ultimo ciclo sparirono per sempre il rinoceronte lanoso, il cervo gigante, l’antilope e il bue muschiato. La mancanza di prede portò inevitabilmente anche all’estinzione di alcuni predatori come omoterio, il leone delle caverne e le iene.

Alcune Riflessioni

Per chi sostiene una teoria teleologica riguardo l’essere umano, sembrerebbe che il fine ultimo della nostra specie sia da ritrovare nella distruzione e nell’autoestinzione.

Nella dialettica Hegeliana, l’ Hic Et Nunc (qui e ora) è la base della conoscenza sensibile.

L’uomo non è in grado di fare una valutazione oggettiva ma solamente soggettiva; la storia ne è una prova inconfutabile.

Grandi cambiamenti e scoperte tecnologiche, come l’agricoltura, sono sembrate un miglioramento della condizione umana, con il suo incremento. Ora, però, con il loro uso smoderato stanno portando il pianeta verso la distruzione.

Se è vero che ciò che ha fatto l’uomo nella preistoria non può essere considerato un atto intenzionale e premeditato, è anche vero che oggi conosciamo benissimo le conseguenze di quello che stiamo facendo; e questo non ha giustificazioni!

Il filosofo scientifico Telmo Pievani, sostiene che l’inizio dell’era definita come Antropocene sia da collocare con l’inizio dell’allevamento e dell’agricoltura. perché è proprio in quel momento che la nostra opera ha iniziato un percorso irreversibile, modificando il pianeta.

Adesso sta a noi decidere che cosa fare e, soprattutto, che cosa NON fare. E’ giunto il momento di cambiare consapevolmente, l’evoluzione culturale deve aiutarci ad uscire da questa involuzione nata con la perdita della biodiversità.

“ Finché gli uomini non ascolteranno gli orsi bianchi piangere, i rinoceronti gemere, le rondini lamentarsi, le api chiamare aiuto, le sequoie implorare il cielo, resteranno insensibili all’estinzione di massa delle specie animali e vegetali” – Cit. BERNARD PIVOT

Roberta Sevà

Milano, 18/01/2022 – GC

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