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GLI “ANIMALI” PALESTINESI

“Animali” è il termine usato dal Ministro della Difesa israeliana per riferirsi al popolo palestinese.
Immagine di copertina: un uomo porta in braccio il suo cane dopo  un pesante bombardamento israeliano a Gaza (credit Majdi Fathi/Nur photo)

Chi tra di noi segue le vicende del conflitto israelo-palestinese sarà stato colpito dal modo in cui Aluf Yoav Gallant, Ministro della Difesa israeliana, ha definito i Palestinesi. Li ha chiamati “animali”.

Di questa infelice affermazione ne ha parlato Grazia Parolari di Invictapalestina. Ci fa piacere condividere con voi le sue considerazioni.

L’articolo

Aluf Yoav Gallant, Ministro della Difesa israeliana, ha definito i Palestinesi “animali” o “animali umani”.

Il termine è stato ovviamente utilizzato nella sua accezione negativa, (“animale”: una persona inumana, per molti versi spregevole”, recita il Grande dizionario italiano dell’uso) espressione dell’ancor viva tradizione antropocentrica che colloca gli animali (non umani) in categorie inferiori alla nostra, e come tali legittimamente sfruttabili e macellabili.

Lo scopo: disumanizzare i Palestinesi, giustificando ulteriormente la vendetta in corso, una vendetta che, colpendo coloro che sono “solo animali”, può più facilmente esulare da giudizi etici e morali, perché trattare gli “animali” in modo violento e crudele è quello che avviene quotidianamente negli innumerevoli ambiti in cui essi vengono usati e uccisi senza che la maggioranza delle persone lo trovi condannabile e riprovevole, bensì “normale”.

Ma se usciamo dall’accezione significante dell’antropocentrismo, tutti noi, e non solo i Palestinesi, siamo “animali”, compreso il Ministro della Difesa israeliano.

“Animali umani”, che condividono l’esistenza con “animali non umani” i quali, a differenza nostra, non sarebbero mai capaci (e non per mancanza di attributi o abilità fisiche) di raggiungere quei livelli di crudeltà, cinismo, indifferenza e spietatezza che mai come in queste circostanze stiamo mettendo in atto, o semplicemente accettando come “inevitabili”.

Il Ministro della Difesa, nell’utilizzare il concetto spregiativo di “animali”, si è inoltre dimenticato che da anni  l’hasbara (propaganda) israeliana presenta e celebra l’IDF come l’esercito più etico del mondo, perché fornisce ai soldati che si dichiarano vegani pasti e abbigliamento vegani.

Come poi il concetto di “etica” e di “veganismo” possano sposarsi con il concetto di oppressione e con le azioni violente perpetrate da quegli stessi soldati vegani nei confronti degli animali palestinesi, umani e non, questo dovrebbero spiegarcelo quegli stessi soldati che si definiscono tali e che purtuttavia non battono ciglio nell’obbedire a tali ordini.

O forse no. In realtà è già chiaro.

Nell’utilizzare l’accezione negativa del termine, e smentendo quindi apertamente che si possa guardare agli animali non umani con occhi diversi da quelli dell’antropocentrismo più radicato, il Ministro conferma lui stesso come l’etica vegana dei suoi soldati sia solo l’ennesimo strumento di propaganda ingannevole, volto tra l’altro a creare una falsa distinzione tra i “barbari” palestinesi e gli “illuminati e civili “ israeliani.

Non è invece ingannevole propaganda la cura e la dedizione che, nel mezzo dei giorni terribili che stanno subendo, molti  Palestinesi stanno riversando sui loro compagni non umani.

Persone che nel poco tempo loro concesso devono abbandonare forzatamente le proprie abitazioni portando con sé quel poco che possono, e che scelgono di dare la priorità a chi Yoav Gallant e i suoi soldati “vegani” considererebbero meno di un oggetto.

Persone che non esitano a scavare tra macerie pericolanti per estrarre chi fa parte della famiglia, che abbia zampe o piume o piedi.

Centinaia di cani del rifugio Sulala Animal Rescue il cui fondatore, Saeed Al Err, si è premurato di spostare oltre la linea rossa, accogliendo i soggetti disabili, e le decine di gatti, nell’abitazione di un parente, a Nuseirat, e non esitando nell’accogliere le richieste di chi lo prega di tornare a Gaza, nonostante i rischi, per recuperare i propri compagni non umani rimasti indietro.  Cani e gatti a cui cerca di non fare mancare cibo e acqua e affetto, esattamente come sta facendo con i propri figli e figlie.

Non sappiamo e non sapremo mai quanti animali non umani sono morti e moriranno in questa punizione collettiva. Per loro non esistono elenchi, né di nomi, né di numeri.

E non sono e non saranno soltanto cani e gatti.

Ma asini cavalli capre uccelli e specie selvatiche. E i doppiamente prigionieri dello zoo di Gaza

Anch’essi erano e sono storie, vite, affetti.

Come storie, vite e affetti erano e sono gli “animali” Palestinesi.

Animali umani. Animali non umani.

Nella tragedia, nell’orrore, nella sofferenza della guerra, può mai esserci un senso in questa distinzione, quando comune il destino, comune il dolore, comune il desiderio di vita?

Per chi volesse aiutare Sulala Animal Rescue : https://www.paypal.com/paypalme/HelpStreetAnimal

Grazia Parolari – Invictapalestina – 17 ottobre 2023

Milano, 17/10/2023

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