ANIMALISPECIALISTI

MACACHI DI PARMA, RIFLESSIONI SULLE MANIFESTAZIONI

Si è tenuta a Parma, l’ennesima manifestazione contro la sperimentazione animale

Domenica 07 Novembre 2021 è stata protagonista dell’ennesima manifestazione a favore dei macachi di Parma detenuti negli stabulari dell’omonima Università cittadina. Quasi in contemporanea è arrivata la sentenza del TAR che sancisce alla LAV il diritto di essere informata sulle condizioni dei macachi e dello loro stato di salute psico-fisico. Magari la nebbia dell’omertà a riguardo si comincerà a dissolvere e riusciremo a capire come stanno procedendo le cose.

Una nuova battaglia, dunque, per non perdere le speranze di poter fare qualcosa per Alan e Larry, per non dimenticare, non solo loro, ma anche tutti gli altri animali, vittime innocenti della crudeltà e dell’ignoranza umana perché, ribadiamo il concetto, quella che si tiene negli stabulari non è ricerca ma la manifestazione di una scienza retrograda e crudele e dei loro sostenitori.

Ci tengo, comunque, a sottolineare che RadioVeg.it prende le distanze da coloro che protestano con minacce e violenza e che sostiene tutti coloro che, invece, vogliono esprimersi con quella che è la caratteristica principe dell’essere umano: la ragione.

Progetto Light Up

Per comprendere l’assurdità di tutta questa storia è bene capire di che cosa si tratta e quali sono le motivazioni che stanno dietro alla sperimentazione sui macachi di Parma.

Il progetto Light Up nasce come ricerca per studiare gli stimoli del cervello nell’emianopsia, ossia una cecità parziale che si verifica a fronte di traumi, tumori, meningiti e aneurismi.

Per l’ennesima volta, ripetiamo che un trauma indotto e uno naturale non sono la stessa cosa e spesso hanno sintomatologie e decorsi differenti! Il BLINDSIGHT o cecità visiva, consiste nel mantenimento della capacità di localizzare uno stimolo visivo situato nella parte del campo visivo colpito e quindi cieca a livello consci.

Il fenomeno paradossale è che l’individuo non è cosciente dello stimolo postogli davanti ma, ad esempio, in un percorso a piedi egli riuscirà ad evitare inconsciamente gli ostacoli (Craig Nicholson, Second Sight, Nature Reviews Neuroscience 10 (2), 86, 2009). Arrivati a questo punto sono necessarie due considerazioni; la prima è che l’emianopsia viene studiata in molti centri in tutto il mondo, esclusivamente con volontari umani, la seconda è che il cervello del macaco differisce da quello dell’uomo del 45%!

E’ bene sottolineare, infatti, come, prima di iniziare la sperimentazione, i nostri Alan e Larry sono stati addestrati a riconoscere gli stimoli visivi e comunicarli, poiché non è una cosa che loro farebbero naturalmente, una volta che si è certi di riuscire ad interagire con loro, in anestesia totale, verrà procurata loro una lesione alla corteccia visiva in modo da procuragli una macchia nel campo visivo, in modo da poter effettuare la ricerca, alla fine, come ricompensa, la soppressione.

… e hanno il coraggio di parlare di nobili intenti!

Scuse, Scuse e ancora Scuse!

“Ci teniamo a ribadire il fatto che la scienza che decidiamo di difendere oggi è la scienza mossa da nobili intenti, quella il cui scopo ultimo è la salvaguardia della vita di ogni essere vivente: accanirsi bruscamente contro chi, nella vita, insegue questo lodevole obbiettivo, non porterà sicuramente al raggiungimento del traguardo desiderato” si conclude così la lettera aperta scritta dagli studenti delle Università di Parma e Torino, a favore della sperimentazione animale. Non c’è sicuramente da stupirsi, soprattutto se si considera l’affermazione del dott. Bonini, che assieme al dott. Marco Tamietto, è a capo del progetto Light Up: “Ogni paziente è diverso e c’è bisogno del modello animale per riprodurre un esempio, trattarlo sull’ animale e quando troveremo il modo di farlo sulla scimmia, queste informazioni saranno applicabili sui pazienti”. La dott.ssa Elena Cattaneo, invece, sostiene che: “metodi alternativi per patologie complesse non esistono”…sarà vero?

Ricerca sulla Sindrome di Rett senza animali

Un team di ricercatori dell’Eli and Edythe Broad Center of Regenerative medicine and Steam Cell Research dell’UCLA, hanno studiato l sindrome di Rett utilizzando organoidi cresciuti in laboratorio e realizzati a partire da cellule staminali derivate da pazienti. Bennett Novitch, autore dello studio, spiega che questi risultati mostrano come possa essere possibile creare organoidi che assomigliano al vero tessuto cerebrale degli esseri umani e che possono essere usati per replicare caratteristiche del cervello, evitando così l’utilizzo di cervelli viventi.

I ricercatori sono così stati in grado di osservare i modelli dell’attività elettrica simili alle convulsioni che avvengono nel cervello umano e che sono una delle caratteristiche di questa patologia. Hanno poi trattato l’organoide con un farmaco sperimentale; lo Pifithrin-Alfa: le convulsioni negli organoidi scomparivano e l’attività neuronale diveniva più stabile. Anche i ricercatori dell’Università della California a San Diego hanno intrapreso una strada simile, sono infatti riusciti a creare un organoide simile ad un mini cervello di un embrione umano.

Contro l’Alzheimer la Ricerca si fa ETICA senza la sperimentazione animale

Presso la Queen Mary University di Londra è stato portato avanti uno studio sul rallentamento e la prevenzione dell’Alzheimer. Lo studio, uscito su Molecular Psychiatry, dimostra come i ricercatori siano riusciti ad individuare un gene che riesce ad alterare il decorso della malattia. Per questa ricerca sono state utilizzate alcune cellule ciliate, prelevate da alcuni pazienti predisposti all’Alzheimer, sono state poi riprogrammate in cellule staminali e, infine, commutate in cellule celebrali.

Di seguito hanno notato lo sviluppo della patologia nelle cellule coltivate, con tre caratteristiche peculiari come la morte neuronale progressiva, lesioni simili alla placca amiloide e accumuli anormali della proteina tau nei neuroni.

Secondo Dean Nizetic, della Queen Mary, si tratterebbe di “un risultato notevole che apre la prospettiva di screening per nuovi farmaci volti a ritardare o addirittura prevenire l’Alzheimer, prima dell’inizio della morte neuronale”.

I ricercatori hanno inoltre scoperto l’esistenza di un gene soppressore che funziona in modo naturale: BACE2. Secondo lo stesso Nizetic questo gene e il metodo di coltivazione cellulare in laboratorio potrebbero essere usati come marcatori per capire lo sviluppo della malattia o anche prevenirlo: “L’idea sarebbe quella di catturare le persone a maggior rischio di malattia precoce in un sistema cellulare, prima che inizi nel cervello di una persona, e consentire le possibilità di interventi di prevenzione individuale.

Paura e Presunzione sono i freni per un progresso Cruelty Free

“Imparare non è sapere; ci sono gli eruditi e i sapienti: è la memoria che fa i primi, ma è la filosofia che fa i secondi” – Alexander Dumas da “Il conte di Montecristo”

Magari, se i nostri ricercatori si mettessero un pochino in discussione, se provassero a guardare oltre le loro convinzioni, se provassero a mettere fuori un piede dalla loro confort zone, magari qualcosa potrebbe cambiare.

E invece se ne stanno la, nella loro torre d’avorio, convinti di detenere lo scettro della conoscenza e accecati dalla loro presunzione non si accorgono che quella che hanno in mano non è altro che la falce della morte!

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Roberta Sevà

Milano, 15/11/2021 – GC

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