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Battiato… in suo ricordo

Vogliamo rendere omaggio a Franco Battiato, anticipatore dei discorsi che ci stanno a cuore – Articolo di Paola Re

Siamo tutti “orfani” di Franco Battiato dal 18 maggio 2021, ma la sua presenza è tuttora tangibile. Lo vogliamo ricordare e ringraziare il suo passaggio in questa dimensione.

Cantautore apprezzato per la varietà di stili musicali che ha approfondito e combinato tra loro: musica leggera, rock progressivo, avanguardia, musica sperimentale, pop d’autore, new wave.

Nel corso della sua carriera, in cui ha ottenuto successo di pubblico e critica, si è avvalso di collaboratori e collaboratrici con cui ha mantenuto contatti professionali e di amicizia: il compositore e violinista Giusto Pio, il filosofo Manlio Sgalambro, le cantanti Milva, Alice, Giuni Russo.

E’ stato artista poliedrico, cimentandosi anche in pittura e cinema. Dal Novembre 2012 all’Aprile 2013 ha ricoperto la carica di Assessore al Turismo della Regione Sicilia dichiarando di non voler ricevere alcun compenso.

Franco Battiato “uomo”

Battiato era riservato, preferendo una vita lontana dai riflettori, nella sua casa di Milo, alle pendici dell’Etna, segnale di un forte legame con la Sicilia in cui è nato.

Era credente, ma non si identificava in una religione in particolare. Interessato alla mistica e alla spiritualità, la sua ricerca spaziò tra cristianesimo, sufismo, ebraismo, buddhismo, induismo, esoterismo.

Oltre a essere un genio della musica, aveva le idee molto chiare sul concetto di rispetto per gli animali e ne ha parlato molto spesso.

«In Sicilia frequento degli amici pescatori bravissimi che mi hanno voluto coinvolgere nella pesca di fondo. Alle tre di una notte di agosto ho pescato un pesce, ma quando lui mi guardò e io ho corrisposto il suo sguardo, è come se ci fossimo capiti ed ho deciso di ributtarlo in acqua e da allora non mangio più pesce. Un’esperienza analoga mi ha portato a decidere di non andare a cavallo. Ci monto sopra e sono felice. Tiro a sinistra lui fa resistenza ed io ho deciso di scendere, perché ho pensato: ma siamo pazzi? Perché deve sentire il mio peso di ottanta chili sulla schiena? Lo so che molti dicono che è nato per quello, ma io non accetto la regola della preda e del predatore anche in natura. La capisco ma non la accetto.»

L’eredità di Franco Battiato: tante lezioni di vita

Battiato ci ha lasciato una toccante lezione di vita attraverso la sua arte e il suo rispetto per la natura.

Fu animalista, vegetariano e precursore della lotta all’inquinamento. La sua profonda sensibilità ecologista è tangibile nel suo album “Pollution”, uscito nel 1972, che affronta temi ancora oggi di grande attualità, mostrandosi artista visionario.

Si è anche aggiudicato il Premio Ambiente 2000 del Comune di Pantelleria dove si è esibito in concerto nell’area militare dell’hangar Nervi, usando quell’evento come mezzo per finanziare la nascita di una riserva marina.

Nella sua musica, ricorre spesso il suo amore viscerale per il mare e per il pianeta Terra, vittima delle distruttive politiche antropocentriche.

Tra le sue canzoni, ne ricordiamo alcune che più di altre celebrano una dimensione cosmica della vita e della natura in genere.

L’era del cinghiale bianco.

Dall’album omonimo (1979), racconta di un’era che corrisponde a un’età mitologica e magica in cui si raggiunge la conoscenza assoluta, in senso spirituale. Rappresenta un periodo di crescita interiore collettiva, una sorta di periodo perfetto nel quale cesseranno discriminazioni, gerarchie, disuguaglianze e ingiustizie; sarà il momento in cui la coscienza collettiva raggiungerà un grado di consapevolezza tale da costituire il punto di arrivo.

Per quanto riguarda la scelta del cinghiale bianco, Battiato ha probabilmente attinto dalla figura di Riccardo III, re d’Inghilterra vissuto nel XV secolo, che scelse come suo emblema proprio questo animale considerato sacro e simbolo dell’autorità spirituale nella mitologia celtica e nella tradizione Indù.

Contrapposto all’orso, simbolo del potere temporale, per i Celti simboleggiava la Dea Madre, era simbolo di vitalità e forza e veniva sepolto insieme ai defunti per accompagnarli nell’aldilà.

Per realizzare questa canzone, Battiato prende spunto dal saggio di René Guénon “Simboli della scienza sacra” (1962) che analizza il cinghiale come elemento della mitologia celtica.

Gli uccelli

Dall’album “La voce del padrone” (1981) ci permette di osservare l’universo da una prospettiva elevata, da un’altezza vertiginosa.

C’è un legame tra Franco Battiato e Giacomo Leopardi: i testi delle loro opere sono pervasi dalla stessa ricerca d’infinito e le loro traiettorie si incontrano nell’osservazione degli uccelli ai quali Leopardi ha dedicato “Elogio degli uccelli”, una delle Operette Morali, e Battiato ha dedicato la canzone “Gli uccelli” contenuta nell’album “La voce del Padrone”.

Si tratta di un brano in cui Battiato simula versi e battiti alari degli uccelli attraverso l’orchestrazione perfetta di strumenti a fiato e percussioni elettroniche con un finale in cui sembra di assistere al volo di uno stormo che si dissolve all’orizzonte mentre la musica raggiunge un vertice di espressività altissimo. Gli uccelli diventano l’emblema di ricerca mistica ed esigenza di assoluto.

Battiato elogia il volo degli uccelli come rapito da una visione ultraterrena. L’armonia del volo permette di decifrare il mistero irrisolvibile al centro dell’universo: le traiettorie compiute dagli uccelli nei cieli diventano metafora di un ordine cosmico ed esistenziale.

L’operetta di Leopardi si apre un mattino di Primavera con l’incontro del filosofo Amelio mentre contempla il volo degli uccelli che lo distraggono dalle sue letture. Proprio come la musica nella canzone di Battiato, anche il ritmo della prosa di Leopardi sembra velocizzarsi per adattarsi ai movimenti rapidi e leggeri delle creature alate.

Gli uccelli, definiti da Leopardi «creature d’altra specie» e «le più liete creature del mondo», hanno la virtù di essere allegri e la capacità di rallegrare tutto ciò che li circonda.

Il loro canto è ricreato da Battiato nel finale della canzone con utilizzo di flauti, in una danza che giunge a trilli acuti mentre strumenti elettronici riproducono poco prima il battito delle ali, come una partenza simultanea di gabbiani da una riva.

Sarcofagia

Dall’album “Ferro battuto” (2001), è ispirata al dialogo “Sull’intelligenza degli animali” contenuto nell’opera del filosofo greco Plutarco (I secolo d.C.)

“Della sarcofagìa” o “Del mangiar carne” in cui esprime con toni accorati il disgusto e il disprezzo per coloro che si cibano di carne (da lui chiamati “sarcòfagi”), mettendo così in luce l’evidente debito che il pensiero platonico, di cui egli era esponente, ha nei confronti di quello pitagorico.

Pitagora, convinto dell’esistenza della reincarnazione, proibiva categoricamente ai suoi seguaci di cibarsi di carne. Anche in altre opere, Plutarco entra in polemica con alcuni pensatori a lui contemporanei sul delicato e attuale tema del rispetto dovuto dagli esseri umani agli altri esseri viventi: in particolare, netto è il suo rifiuto del pensiero stoico che, considerando l’uomo come lo scopo di tutta la creazione, subordina a lui il resto del creato.

Battiato si chiede: «Come può la vista sopportare l’uccisione di esseri che vengono sgozzati e fatti a pezzi? Non ripugna il gusto berne gli umori e il sangue le carni agli spiedi crude? E c’era come un suono di vacche. Non è mostruoso desiderare di cibarsi di un essere che ancora emette suoni? Sopravvivono i riti di sarcofagia e cannibalismo.»

La musica insiste martellante con l’invito a riflettere sul cibarsi della carne degli animali.

La canzone pone gli interrogativi sul ribrezzo verso questo modo di alimentarsi e denuncia il dolore provato da disgraziati esseri senzienti che passano dai lager degli allevamenti a quelli dei mattatoi prima di diventare cibo.

E’ un testo drammaticamente attuale e purtroppo mai ricordato come meriterebbe perché è una scomoda verità.

Grazie Franco per quello che sei stato e ci hai lasciato in eredità.

Milano, 19/05/2025 – Patrizia Re

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