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EURISPES 2022, APPARENTEMENTE DELUDENTE PER IL MONDO VEG

Il quadro della situazione delle scelte alimentari veg

Secondo il rapporto Eurispes 2022, il mondo veg pare abbia subito una battuta d’arresto piuttosto pesante. Secondo i dati i vegani sarebbero 1,3%, (nel 2021 erano il 2,4) i vegetariani sono il 5,4% (nel 2021 il 5,8%).

Ci chiediamo se riusciremo in futuro a tornare o a superare gli stessi numeri del 2016 con il 7% che si dichiarava vegetariano e del 2017 con il 3% di vegani. 

L’interpretazione dei dati Eurispes 2022 ha comunque più sfaccettature. Se ci fermiamo ai numeri delle persone che hanno fatto un passo indietro e che da vegani sono tornati vegetariani o onnivori, ovviamente assale un senso di profonda delusione e sconforto.

vegan

Se prendiamo però in considerazione il fatto che i colossi dell’alimentazione di massa stanno investendo nella produzione di alternative vegetali, e sappiamo che non intraprenderebbero questa strada se non fossero certi che c’è mercato, sta a significare che la domanda è sufficientemente alta per giustificare questo boom di prodotti industriali vegetariani e vegani. Ciò ci induce a pensare che anche le persone onnivore stanno cambiando alimentazione.

Quindi, se vogliamo vedere i risultati del Rapporto Eurispes 2022 ad ampio raggio e considerare l’impatto sulla sofferenza animale, più persone iniziano ad alimentarsi con prodotti vegetali, meno animali vengono sacrificati e più il pianeta ringrazia.

Diverso è il punto di vista filosofico ed ideologico. In questo caso, ovviamente, meno soldi si danno alle industrie, che vedono la svolta green come un mero mezzo per aumentare i profitto, meglio è. E’ preferibile incentivare e premiare le piccole realtà che sono nate come vegane e che fanno fatica a proseguire con la loro attività. Il loro impegno e coerenza sono ineccepibili ed inattaccabili e, molto spesso, i loro prodotti sono molto più sani di quelli industriali.

Ma, è un dato di fatto, che la grande distribuzione gioca un ruolo fondamentale nell’influenzare le scelte del pubblico, soprattutto perché possono permettersi campagne pubblicitarie sul mainstream che raggiungono potenziali clienti su larga scala.

Vogliamo pertanto essere fiduciosi e augurarci che questa scelta abbia portato le multinazionali a convertire alcune linee di produzione in 100% cruelty free, piuttosto che aprirne di nuove mantenendo inalterate quelle che implicano sofferenze e crudeltà.

Lo capiremo solo vivendo.

GRAFICO

Il rapporto Eurispes 2022

Riportiamo di seguito, pari pari, il testo pubblicato dal 34mo rapporto Eurispes relativo al consumo di carne ed alle proteine vegetali.

SCHEDA 36 | PROTEINE VEGETALI. LA NUOVA FRONTIERA DEI CONSUMI ALIMENTARI

La quantità di carne prodotta oggi è di quasi 5 volte maggiore rispetto a quella dei primi anni Sessanta, passando da circa 70 milioni di tonnellate a quasi 330 milioni di tonnellate annue (BBC 2019).

La classifica dei paesi in cui si mangia più carne è guidata da Stati Uniti e Australia, con circa 116 kg pro capite annui, ma consumi mediamente più elevati si registrano in tutto l’Occidente; l’Europa, Italia inclusa, mostra un consumo di circa 80-90 kg pro capite, mentre è il consumo è decisamente ridotto nei paesi a basso reddito e si assesta su valori dieci volte inferiori ai nostri (circa 7 kg pro capite) (fonte: FAO).

L’impatto della zootecnia sull’ambiente. Il 76% della produzione mondiale di carne è concentrata in Europa, Asia e Nord America, con il principale contributo proveniente da Cina, Stati Uniti e Unione europea (FAO).

La stessa FAO stima che l’industria alimentare sia responsabile di circa un terzo delle emissioni globali di gas serra e che l’80% di queste siano riconducibili alla
produzione della carne e dei derivati animali. In contrasto ai numeri e alle statistiche riportati dai vari studi sul settore, gli allevatori citano quelli del Rapporto Ispra “TEA-Transizione ecologica aperta. Dove va l’ambiente italiano?” (dicembre 2021).

Il Rapporto afferma che gli allevamenti contribuiscono in Italia all’80% delle emissioni di anidride carbonica provenienti dall’attività agricola, pari a circa il 5,2% del totale delle emissioni a livello nazionale, dato più basso rispetto a quello imputato agli allevamenti su scala mondiale.

Proteine vegetali vs Proteine animali.

Secondo il Rapporto Coop 2021 “Consumi e stili di vita degli italiani di oggi e di domani” nell’ultimo anno il carrello “green” degli italiani è valso 10 miliardi di euro e circa un quarto delle proteine assunte in Italia è stata di origine vegetale, per un valore di oltre 800 milioni di euro.

Il 37,9% delle famiglie ha acquistato alimenti “plant based” e le vendite hanno visto una crescita record:

  • +47% le bevande
  • +44% i piatti pronti
  • +35% surgelati
  • 34% salse e condimenti.

Questa crescita non è stata trainata dai consumi dei vegani e dei vegetariani, ma dai milioni di italiani che hanno deciso di ridurre l’apporto di proteine animali nella propria dieta.

Il business sugli scaffali è così allettante che numerose aziende hanno investito nel settore della “fake meat”; non solo le pioniere americane Beyond Meat e Impossible Food, ma anche start up di tutto il mondo, fra cui le italiane VeganDelicious e Joy Food, nonché i grandi marchi come Granarolo, Nestlè e Findus.

Quello del “plant based” appare oggi uno dei settori più promettenti del comparto alimentare che, secondo i dati di Statista.com valeva oltre 12,8 miliardi di dollari americani nel 2020 e sarà in grado di superare i 35 miliardi nel 2027. Parlando di alternative alla carne, occorre menzionare la carne sintetica; si tratta di carne coltivata in vitro ottenuta prelevando cellule staminali animali.

Secondo le stime, due mesi di produzione di carne in vitro potrebbero produrre 50.000 tonnellate di carne da dieci cellule muscolari di maiale. La carne così coltivata produrrebbe “solo” il 4% dei gas serra e ridurrebbe del 45% i consumi energetici, sfruttando soltanto il 2% del suolo necessario alla filiera della carne, ma non tutta la comunità scientifica concorda su questi numeri. La carne in vitro ha costi di produzione troppo elevati e sembra ancora lontana la sua diffusione su larga scala; sembra però essere la soluzione del futuro alla crescente domanda globale di carne.

Sulle proteine vegetali, gli studi di settore dimostrano come l’impronta ecologica delle principali tipologie di prodotti a base vegetale sia più bassa degli analoghi derivati dalla carne: è stato calcolato che se una persona consumasse un giorno a settimana, per un anno, una bevanda di origine vegetale invece dell’equivalente di origine animale, le emissioni di CO2 diminuirebbero di 104 kg, la stessa quantità prodotta da una settimana di consumi elettrici di una famiglia o da 13 ore di viaggio in auto.

L’OMS sottolinea l’impatto positivo che le diete basate su frutta, verdura e legumi hanno sulla salute umana, ma mette in guardia dal consumo dei sostituti della carne ultra-lavorati, accusati di essere troppo spesso ricchi di grassi saturi, sodio e zuccheri, ma di offrire valori nutritivi nettamente insufficienti: questi alimenti così ben accolti dai consumatori perché giudicati buoni e salutari, nella maggior parte dei casi, risultano privi di vitamine, sali minerali e fibre necessari al benessere delle persone.

Fra i prodotti “plant based” ritenuti più pericolosi per la salute figurano proprio quelli più amati: hamburger, salsicce, cotolette, bevande, yogurt e formaggi vegetali. Inoltre, trattandosi di alimenti che richiedono molta lavorazione industriale, benché il minor impatto ambientale durante la fase agricola della loro produzione sia ampiamente dimostrato, resta dubbio l’impatto generato in fase di trasformazione.

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Cos’è EURISPES

Eurispes è da 30 anni un osservatorio privilegiato sull’Italia e sul mondo. I suoi rapporti sono diventati importanti punti di riferimento per ricercatori, studiosi, giornalisti e osservatori della realtà nazionale e internazionale. I temi trattati sono:

Milano, 29/05/2022 – GC

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