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MONDOVEG.IT: CAPIRE LA RIVOLUZIONE DI CUI FACCIAMO PARTE – PRIMA STAGIONE

MondoVeg.it è una rubrica a cura di Roberta Pupa

Note: La rubrica è composta da più puntate, ad ogni puntata che va in onda, viene automaticamente aggiornato questo articolo inserendo in alto la puntata più recente.

12 – Un robot nel vaso: quando la biologia ispira la robotica

L’innovazione come unica arma per la nostra evoluzione sostenibile. Ormai ci è chiaro: non è più possibile parlare di sviluppo senza toccare temi quali la distribuzione delle risorse, la crescente pressione demografica (si stimano 11 miliardi di individui nei prossimi 30 anni), lo squilibrio progressivo dell’ecosistema…tutti problemi a cui è urgente trovare una soluzione.

Viviamo in un’epoca in cui le sfide dell’umanità sono strettamente correlate e intrecciate a quelle del pianeta.
Ovviamente non esiste un’unica soluzione valida per la totalità di tutti questi fenomeni. La nanotecnologia può dare, però, un contributo molto importante, così come le varie applicazioni della robotica.

Nasce proprio così un concetto più profondo di robotica, che studia la natura e le sue leggi per sviluppare tecnologie sempre più sostenibili. La robotica del futuro dovrà essere necessariamente bio-ispirata, con “flotte” di robot green costruiti con materiale riciclabile e biodegradabile, in grado di alimentarsi con fonti energetiche rinnovabili e che, una volta terminato il proprio ciclo operativo, possano decomporsi senza incidere negativamente sull’ambiente.
Nel centro di microbiorobotica dell’Istituto Italiano di Tecnologia diretto da Barbara Mazzolei, tra le 25 donne più influenti al mondo nella robotica secondo l’autorevole “Robohub”, si lavora da anni su progetti di robotica bio-ispirata. In quei laboratori è stato realizzato tra il 2015 e il 2017 Plantoide, la prima macchina al mondo in grado di crescere e comportarsi come un vegetale.
Il robot può esplorare il terreno attraverso delle radici in grado di crescere in funzione degli stimoli che ricevono. Le punte di queste radici robotiche sono dotate di sensori, per rilevare parametri ambientali, presenza di inquinanti, composizione del suolo.

Il suo utilizzo può avere innumerevoli declinazioni, tra cui la bonifica di terreni agricoli, la ricerca di petrolio o addirittura l’esplorazione di Marte. Non a caso il primo prototipo è stato realizzato con il sostegno dell’Agenzia Spaziale Europea. Un progetto che parte dalle “radici” e che negli anni si è evoluto andando a focalizzarsi sulla parte superiore. Sempre il team della Dott.ssa Mazzolei ha realizzato, infatti, il primo “robot viticcio”: una macchina in grado di muoversi e adattarsi all’ambiente sfruttando lo stesso principio fisico che fa muovere l’acqua nei tessuti delle piante rampicanti.

È chiaro che un approccio bio-spirato non può limitarsi solamente a riprodurre una copia degli organismi presenti in natura, deve basarsi invece sulla comprensione e sulla capacità di estrarne principi e regole. Gli esseri viventi sono molto più complessi di un robot, si muovono in un mondo dinamico e strutturato e sono in grado di adattare le proprie caratteristiche a seconda dell’ambiente circostante. Spesso invece i robot non sono in grado di affrontare la complessità del mondo reale, senza richiedere semplificazioni per rendere l’ambiente adatto a loro.

Gli approcci futuri implementeranno la nuova prospettiva di progettazione dei robot, andando oltre la soft robotics, con robot in grado di crescere, rigenerarsi, cambiare forma; oltre i materiali intelligenti, grazie a funzionalità bioibride che garantiranno la multifunzionalità e la biocompatibilità; oltre la robotica evolutiva, con sistemi che non solo si adatteranno al compito e all’ambiente in cui operano, ma che miglioreranno con la pratica.
È questa la direzione della robotica del futuro, verso sistemi integrati perfettamente compatibili con l’uomo e con l’ambiente e in grado di migliorare il benessere e la qualità della vita…e anche la prospettiva di un futuro economico sostenibile nel lungo periodo sarà certamente più credibile.

11- IL CANTO DEGLI UCCELLI

Ci sono alcune prove che dimostrerebbero come gli uomini e gli uccelli abbiano in comune geni e strutture cerebrali associabili con l’uso della parola. Per questo motivo, alcuni scienziati ritengono che lo studio dei volatili possa chiarire in che modo si è evoluto il linguaggio umano. Il tatto, la vista e l’udito in particolare sono i nostri sensi più anestetizzati dal logorio di una vita tecnologica e frenetica.

Gli uccelli divengono straordinariamente importanti in questa ricerca di benessere che trae spunti dalla correlazione tra la voce umana e le vocalizzazioni dell’ornitofauna.
La musicoterapia che cerca connessioni tra i suoni della Natura e quelli di origine antropica trova in diversi studi il giusto supporto scientifico, come ha dimostrato il professor Simon Fisher, direttore dell’Istituto di Psicolinguistica a Nimega, nei Paesi Bassi, che ha dimostrato in una sua pubblicazione che gli uccelli e gli uomini hanno in comune più di 50 geni correlati al linguaggio e all’apprendimento vocale.
Anche Darwin, studiando il canto degli uccelli in “L’origine della specie”, riportando il pensiero di un altro naturalista, D. Barrington, scrisse: «I primi esperimenti di canto possono essere paragonati allo sforzo di balbettare di un bambino».
La bio-linguistica e la bio-musicologia lavorano per comprendere quale sia l’anello di congiunzione delle abilità umane e animali. L’intuizione che la biologia e la musicologia potessero, insieme, approcciare un discorso così esteso e dibattuto ha portato a un livello di conoscenza stratificato e profondo.

L’ipotesi è che gli uccelli e gli uomini condividano la sintassi della strutturazione del linguaggio, come accade con la
cinciallegra orientale (Parus minori), che riesce a esprimere significati differenti combinando diversamente le note, o come il nostro usignolo (Luscinia megarhynchos) capace di costruire note e melodie davvero articolate, o lo storno (Sturnus vulgaris) con capacità imitative straordinarie.

Nel 2013, per la prima volta, un linguista, Shigeru Miyagawa del MIT rafforza un concetto espresso da Darwin quasi 155 anni prima, formulando una teoria secondo la quale il linguaggio umano si sarebbe sviluppato dal canto degli uccelli. Insieme ad alcuni colleghi, Miyagawa suggerisce che il nostro linguaggio si fonderebbe su due componenti distinte, entrambe presenti in forma semplice in animali meno evoluti. Uno scenario bioacustico che ci conduce sulla strada disegnata dal professor Shigero Miyagawa, che illustra l’esistenza di una struttura gerarchica del linguaggio umano frutto della combinazione tra il linguaggio espressivo (canti e richiami di animali) e le combinazioni lessicali, peculiari dell’uomo.
“L’ipotesi integrativa” di Miyagawa prospetta che l’uomo rappresenti l’unico caso in natura in cui il sistema lessicale e quello espressivo lavorino a braccetto: il primo si destreggia tra circa 60 mila vocaboli, il secondo permette di assemblarli in schemi funzionali. Il linguista del MIT teorizza che i nostri antenati abbiano prima sviluppato la capacità di “cantare” in modo simile gli uccelli e poi abbiano imparato a includere le parole nei loro vocalizzi.
I fattori che soffiano contro l’ipotesi integrativa fanno pensare che le analogie tra uomini e uccelli siano dovute a una casuale convergenza evolutiva e che quella di Miyagawa sia forse destinata a rimanere soltanto una teoria molto suggestiva. Tuttavia, questo non impedisce agli scienziati di rimanere sbalorditi di fronte alle sorprendenti capacità di alcune specie di volatili.

10 – La relazione tra Covid19 e inquinamento

Covid19 e inquinamento: ci sarebbe davvero un collegamento

La teoria non è di certo nuova. Le ricerche sugli effetti dell’inquinamento sul corpo umano e la correlazione di questi effetti sull’insorgere di malattie (prevalentemente respiratorie) sono tra le sfide più importanti della nostra epoca. Oggi sappiamo che un’alta concentrazione di particolato può rendere il sistema respiratorio più esposto alle infezioni e alle complicanze generate dal Coronavirus. Più sarà alta e costante nel tempo (come per gli anziani) l’esposizione a PM10, più sarà alta la probabilità che il sistema respiratorio diventi fragile. D’altra parte, è noto che l’inquinamento atmosferico, subito dopo dieta, fumo, ipertensione e diabete è uno dei fattori di rischio più importanti per la salute e causa ogni anno 2.9 milioni di morti premature in tutto il mondo.

Un nuovo studio recente ha finalmente rivelato, con altissima affidabilità grazie all’intelligenza artificiale, come la prolungata esposizione all’inquinamento atmosferico, soprattutto da polveri sottili, abbia contribuito alla mortalità e alle infezioni da Covid19 in Italia.

Un team internazionale costituito interamente da biologi ha rivelato, nel primo studio scientifico riguardante la situazione italiana, che a livello nazionale esiste una significativa associazione statistica tra l’esposizione prolungata agli inquinanti nell’aria e la severità degli effetti pandemici (mortalità ed infettività) del virus SARS-CoV-2.

Utilizzando modelli di intelligenza artificiale il team è stato in grado di “prevedere” i valori sia dell’andamento dei contagi sia della mortalità con un’accuratezza di oltre il 95%. In base a questi modelli, gli scienziati hanno anche stimato che a un piccolo incremento futuro dei livelli di inquinamento (5-10%) potrebbe essere associato un aumento degli effetti sanitari dovuti a patogeni simili al Coronavirus anche del 30%.

Infine è emerso che l’inquinamento atmosferico è, si, il fattore che più di tutti gli altri può aver influito sui tassi di mortalità e positività dell’epidemia in Italia, ma ce ne sono ovviamente altri. Le emissioni delle industrie, degli allevamenti intensivi e del traffico stradale, in ordine d’importanza, potrebbero essere i reali responsabili di oltre il 70% dei decessi da COVID-19 a livello nazionale. Riflettiamoci e scegliamo vegan, per gli animali, per noi e per il nostro pianeta.

9 – Over the rainbow: l’albero arcobaleno

La Natura è ricchissima di meraviglia e questa incredibile ricchezza di colori in natura la ritroviamo in tante occasioni e non soltanto quando si verifica l’arcobaleno nel cielo. 

MondoVeg.it 9 – L’albero arcobaleno

Esiste un arcobaleno incarnato nel mondo vegetale. È, infatti, all’interno di alcune foreste pluviali dell’Indonesia, delle Filippine o delle Hawaii che potete trovare l’albero più colorato del Pianeta: il Rainbow eucalyptus o Eucalipto arcobaleno (Eucalyptus deglupta). Per esempio all’interno delle foreste umide hawaiane dell’isola di Maui, o in quella dell’isola Kauai, potrete ammirare questi eucalipti giganti che vi lasceranno letteralmente senza parole. Infatti, con una particolarità unica al mondo, quest’ albero più cresce e più la sua incredibile e colorata corteccia si stacca a strisce verticali; un processo naturale che nel tempo permette al tronco dell’albero, proprio come un una tavolozza di un pittore impressionista, di arricchirsi dei colori dell’arcobaleno.

Sfaldandosi in tempi diversi, la corteccia assume dunque differenti tonalità. Inizialmente, nella sua parte più interna, è di un verde brillante, che si scurisce con il passare del tempo per poi prendere toni di blu e viola fino a raggiungere quelli del marrone e dell’arancione.

L’albero arcobaleno – Foto Pinterest

Insomma, una delle più sorprendenti e spettacolari forme d’arte vegetale che la natura è in grado di offrirci.

La sensazione, entrando in questi boschi radi dove crescono esemplari imponenti che possono raggiungere anche i 70 metri di altezza e due metri di diametro alla base, è quella che qualcuno si sia divertito a verniciare i tronchi diritti di questi alberi, che rivelano grazia e bellezza sin da giovani, quando sono meno colorati nella corteccia ma presentano delicate e profumate fioriture bianche.

È importante sostenere la ricchezza della diversità e possiamo pensare che anche l’albero di eucalipto arcobaleno possa essere un grande simbolo di diversità a causa dei vari e mutevoli colori della corteccia. La bandiera arcobaleno è proprio il simbolo riconosciuto per il rispetto della diversità.

MondoVeg.it 8 – la stampante 3D israeliana per carne veg

MONDOVEG.IT 8 – LA STAMPANTE 3D ISRAELIANA PER CARNE VEG

La rivoluzione dell’industria alimentare è già qui. Sulla spinta della crescente preoccupazione per la sostenibilità ambientale generata dall’industria della carne, cercando di soddisfare le esigenze alimentari della popolazione mondiale in costante crescita e delle istanze animaliste, l’innovazione tecnologica può essere una valida alleata per creare un futuro più green.

Nasce, a questo proposito, in Israele Redifine Meat. La missione che si è data la startup è quella di offrire una tecnologia di produzione che offra prodotti indistinguibili dalla carne di alta qualità di origine animale.
Secondo i fondatori l’uso della stampa 3D per produrre prodotti a base di carne alternativa consentirà la creazione di una catena di approvvigionamento altamente produttiva e flessibile che è più sostenibile dell’attuale allevamento di animali e della loro lavorazione.

La società sta sviluppando una soluzione completa che combina una piattaforma di stampa digitale 3D semi-industriale proprietaria, una delle stampanti 3D più veloci al mondo, un sistema di modellazione 3D della carne e formulazioni alimentari a base vegetale. La soluzione offre una nuova categoria di carne a matrice complessa che è allo stesso tempo, dicono, appetibile, economica e scalabile.

La start up Redefine Meat lancerà entro la fine del 2020 un prodotto che nasce dopo la mappatura di 70 parametri sensoriali al fine di creare un prodotto 100% vegan ma in grado di imitare il gusto e la consistenza di una fetta di carne. La società israeliana ha creato singoli componenti a base completamente vegetale, con nomi inequivocabili come Alt-Muscle, Alt-Fat e Alt-Blood.
La carne prodotta da Redefine Meat è priva di sostanze animali: comprende ingredienti naturali e sostenibili che forniscono lo stesso aspetto, consistenza e sapore che caratterizza le classiche bistecche, ma anche arrosti e stufati.
La tecnologia rivoluzionaria consentirà inoltre ai distributori e ai rivenditori di progettare le caratteristiche delle loro carni per soddisfare la stagionalità, cambiando le richieste e le preferenze dei consumatori con carne stampata prevedibile e replicabile al 100%.
I prodotti a base di carne alternativa, dicono i fondatori, hanno un impatto ambientale inferiore del 95% rispetto alla produzione animale, sono senza colesterolo e sono economici.
Sappiamo che questa notizia farà storcere il naso a molti di voi, ma se questa è la strada che convincerà sempre più onnivori a non contribuire mai più all’uccisione di milioni di animali…ben venga il motto “il fine giustifica i mezzi”.

MondoVeg.it 7 – Mozart incanta le erbe di montagna

MONDOVEG.IT 7 – MOZART INCANTA LE ERBE DI MONTAGNA

La musica di Mozart per le colture di erbe in montagna. L’idea è di Sofia Panizza, coltivatrice di erbe di montagna dell’Alta Val di Sole. A Vermiglio, piccolo borgo gioiello incastonato tra il Parco Nazionale dello Stelvio e Passo Tonale, questa signora instancabile porta avanti – anche in piena emergenza Coronavirus – un raccolto ricco di principi attivi: arnica, camomilla, fiordaliso e tante altre erbe di montagna, utili sia per la cosmesi sia per realizzare ottime tisane. Aria pulita, acqua pura, terra incontaminata e tanto sole sono alla base di un raccolto carico di principi attivi, che riesce a crescere grazie anche a questo curioso impianto per la diffusione della musica: Sofia, infatti, diffonde quotidianamente nel campo le melodie di Mozart e Vivaldi, alla frequenza di 432 hertz.

Sofia sostiene che le basse frequenze della musica classica potrebbero sia stimolare la produzione di sostanze che migliorano il sistema immunitario delle piante, sia tenere lontani gli insetti che la danneggiano. 

“In estate il campo può essere visitato dai turisti e vengono organizzati laboratori didattici, anche per i bambini. Gli stranieri ne vanno pazzi, ma sono sicura che sarà apprezzato molto di più anche dagli italiani, dopo questi lunghi mesi chiusi in casa”, conclude Sofia.

MondoVeg.it 6 – La rivoluzione digitale – Studiare gli ecosistemi all’epoca della rivoluzione digitale

MONDOVEG.IT 6 – LA RIVOLUZIONE3 DIGITALE

Alcuni decenni fa, l’ecologista forestale italiano Lucio Susmel sviluppò l’idea di «biospazio» e suggerì che «le caratteristiche di foresta multi-età sono una funzione del biospazio, modificato da piante e animali che
vivono in un ambiente fisico». L’ecologista italiano propose che «…il biospazio può essere definito come uno spazio protetto entro il quale è possibile riprodurre tutti i processi fisiologici, biologici ed evolutivi di
una comunità […] il parametro più adeguato per valutare il biospazio è il volume del sistema che può essere misurato con l’altezza media degli alberi dominanti».

La difficoltà principale è stata sempre quella di rilevare l’altezza degli alberi da terra e la mancanza di un censimento completo della flora globale ha impedito di definire una relazione generale tra il volume degli
ecosistemi forestali e la diversità delle specie. Solo il recente sviluppo di nuove potenti tecnologie, come il Light Detection and Ranging (Lidar), ha permesso di mappare la struttura verticale delle foreste a livello globale. Insieme alla disponibilità di nuovi dati botanici precisi, come ad esempio la mappa globale dell’altezza della canopea prodotta dalla Nasa, che è una novità nella tecnologia satellitare, ha aperto incredibili opportunità in ecologia.

Grazie alle analisi effettuate insieme ai colleghi del Centro Euro-
Mediterraneo per i Cambiamenti Climatici (Cmcc), abbiamo studiato una possibile relazione globale tra ricchezza di specie e l’altezza della canopea forestale confrontando la Mappa alta globale ad alta risoluzione fornita dalla Nasa con la mappa della diversità floristica prodotta da Barthlott e colleghi nel 2007.

Lo studio suggerisce che la correlazione positiva tra la biodiversità e l’altezza della canopea forestale è dovuta al maggiore biospazio: maggiore è il volume di un ecosistema forestale, più strati e sono presenti maggiori condizioni ecologiche (luce, umidità, risorse alimentari, disponibilità di acqua, quantità di liane, presenza di epifite, felci, etc.) che diversificano l’ambiente.

Il rapporto tra biodiversità e altezza della canopea è particolarmente evidente nelle regioni tropicali. Infatti, secondo la teoria del gradiente latitudinale, le foreste tropicali sono, in media, più alte di quelli temperate e
quindi offrono più spazio per i processi fisiologici, biologici ed evoluzionistici della comunità.

Questa caratteristica permette a specie con tratti distintivi di coesistere e genera l’emergere di nuove nicchie che aumentano la ricchezza di un ecosistema più stratificato.
La relazione scoperta è fondamentale per definire l’estensione delle aree protette, poiché l’ambiente bidimensionale disponibile non deve essere considerato da solo, ma associato con il volume ecologico tridimensionale.

MondoVeg.it 5 – Idroponica subacquea: agricoltura 2.0.

MONDOVEG.IT 5 – IDROPONICA

Il progetto “Orto di Nemo” è un concetto innovativo di coltivazione che consente di allestire orti in biosfere ancorate ai fondali marini.

L’idea di coltivazione subacquea ha trovato fattibilità nello spazio di mare antistante la cittadina di Noli, in provincia di Savona (Liguria). Dunque, nasce in Liguria, ma sotto il mare, il super basilico assai più ricco di sostanze antiossidanti rispetto a quello che cresce sulla terraferma. Noli si colloca all’avanguardia per la prima sperimentazione nazionale di coltivazioni subacquee, grazie a serre poste a diversi metri di profondità in cui è stato piantato il basilico, una delle piante idroponiche (ovvero che possono svilupparsi anche fuori dalla terra) che meglio si prestano a questo esperimento (in un futuro prossimo saranno inserite anche le fragole, i piselli e forse anche i funghi).

Il progetto, diretto dall’ingegnere Sergio Gamberini, è portato avanti dalla Ocean Reef, un’azienda californiana, con sede anche a Genova, che si occupa di realizzare apparecchiature subacquee.

Ortodi Nemp – Immagine Natify

Il basilico è coltivato in biosfere di metacrilato di alcuni metri di diametro immerse nel mare tra i sei e i dieci metri di profondità, al largo della costa ligure di ponente, dove vi sono alcune serre sottomarine somiglianti a mongolfiere trasparenti e dove possono crescere, su mensole posizionate all’interno, dalle 65 alle 95 piantine.

Sono strutture ecologiche e autosostenibili, che si alimentano infatti con energia rinnovabile e per l’irrigazione utilizzano l’acqua marina che distilla dalle pareti e gocciola sulle piante.

Il numero sempre crescente di persone che popolano la Terra sta ponendo alla ricerca scientifica diversi problemi, soprattutto in campo alimentare e, all’interno di questo ambito, lungo due direttrici principali: in quale modo produrre tutto il cibo per soddisfare l’enorme richiesta mondiale e come produrre tali quantità facendo meno uso possibile di “aiuti chimici e artificiali” (concimi, pesticidi, anti-parassiti, ecc.) e cercando di avere il minor impatto sull’ambiente (impoverimento del suolo e delle risorse primarie, disboscamento, desertificazione, ecc.).

In futuro ci spingeremo sempre più verso questo tipo di produzione su larga scala, prodotti genuini che non fanno uso di alcun tipo di pesticida o anti-parassitario, in quanto sotto al mare tali minacce non possono arrivare.

La sfida nella sfida sarà quella, più complicata, di produrre con questa tecnologia a un costo competitivo per il mercato globale alimentare.

MondoVeg.it 4 – In simbiosi con la natura.

MONDOVEG.IT 4 – IN SIMBIOSI CON LA NATURA

Il 2020 è stato proclamato dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite come “Anno internazionale della salute delle piante”.
Un traguardo importante, considerando il fatto che fino a pochi decenni fa il termine “vegetale” era considerato come sinonimo di qualcosa di inerme, immobile, vivo ma non vitale.
Basta poco per realizzare l’idiozia di questa affermazione: sappiamo benissimo che le piante ci forniscono l’ossigeno, ci danno da mangiare e ci forniscono materie prime.

I dati parlano chiaro: dal punto di vista numerico l’uomo è un elemento insignificante sulla Terra: l’82% degli esseri viventi è rappresentato dalle piante, seguite dai batteri (13%) e dagli animali con un 5%… e l’uomo? Rappresenta ben lo 0,01%… con una capacità distruttiva devastante, purtroppo. Riscoprire pertanto l’importanza e la bellezza di stare in mezzo alla natura, agli alberi diventa fondamentale. Così come diventa fondamentale camminare a piedi, per ritornare a quel rapporto autentico che dovremmo avere con la natura. Ci sono tantissimi gruppi più o meno organizzati che possiamo trovare in rete, il cui intento è proprio quello di creare network tra i camminatori di tutta Italia e non solo.

Abbiamo scoperto per voi Le Vie dei Canti – viaggi a piedi in piccoli gruppi e accompagnati da una guida con una storia da raccontare. Per avere più informazioni sul progetto de Le Vie dei Canti potete visitare il sito
www.viedeicanti.it
I viaggi offrono la possibilità di condividere, di accogliere le differenze e di vivere un’esperienza di apertura al nuovo e all’inaspettato. Il viaggio diventa condivisione di tempo, parole, cibi, emozioni…dedicato a un
popolo di camminatori, che proprio già per il fatto di scegliere il passo lento dimostra una sensibilità e un’attenzione verso il mondo esterno superiore alla media.

Che sia dunque questo 2020 una nuova occasione per camminare e camminare ancora, coinvolgendo il più alto numero di persone possibili, per preservare le piante, per conoscerle, per capirle e soprattutto per amarle.

MondoVeg.it 3 – Tre notizie che fanno ben sperare.

MONDOVEG.IT 3 – TRE NOTIZIE CHE CI FANNO BEN SPERARE

Tre news che ci raccontano una realtà che si sta profondamente modificando, piccoli passi verso l’evoluzione etica e sostenibile che stiamo aspettando.
La prima notizia interessante ci giunge dalla multinazionale di mobili più famosa al mondo.
In perfetta sintonia con la sua policy di sostenibilità e impatto zero, IKEA conferma così l’intenzione di dirigersi verso un’alimentazione sempre più plant-based: a partire dal 4 novembre – e per tutto il periodo natalizio – tutti i negozi del Regno Unito hanno servito menù natalizi esclusivamente senza carne dando così il via al loro primo “Natale Senza Carne”.
I piatti si uniscono alla preesistente gamma di piatti vegetariani e vegani di IKEA presenti nel menù classico del ristorante, tra cui “Chilli Non-Carne”, gli hot dog vegani e le polpette di verdure.
IKEA si è inoltre impegnata a rimuovere la plastica monouso dai suoi negozi entro il 2020: sia quella attualmente presente nell’assortimento di prodotti per la casa che quella utilizzata nei loro ristoranti, bar e
bistrot. Entro il 2020 oggetti come cannucce, posate, bicchieri e piatti verranno sostituiti da articoli monouso realizzati con fonti totalmente rinnovabili e più ecosostenibili. Continua la rivoluzione alimentare nelle scuole pubbliche di New York.

Che Eric Adams facesse sul serio lo avevamo già capito diversi mesi fa, dopo averlo visto istituire il Meatless Monday in tutte le 1.700 scuole pubbliche della città e in tutti gli 11 ospedali pubblici.
Questa volta, il presidente del distretto amministrativo di Brooklyn, si fa promotore di un’iniziativa che invita il Dipartimento della Pubblica Istruzione di New York a rimuovere la carne processata dai menù di
tutte le scuole pubbliche.
Una legislazione recentemente approvata dal consiglio comunale di New York – la risoluzione 238 – che si va dunque sommando all’iniziativa del Meatless Monday, che prevede solo cibo vegetariano ogni lunedì,
insieme a una selezione di opzioni vegan.

“Dobbiamo alimentare i nostri bambini con pasti nutrienti che nutriranno i loro corpi e li aiuteranno a migliorare le prestazioni accademiche. I bambini vogliono essere sani e forti, quindi aiutiamoli ad arrivare lì
dando loro da mangiare cibi sani” ha detto Adams.

Ultima notizia, sempre di cibo si parla, ma ora ci concentriamo su un’iniziativa organizzata da Deliveroo, multinazionale che offre un servizio di consegna di cibo a domicilio.
Nel 2019 Deliveroo ha introdotto nel Regno Unito i “Deliveroo Awards” per coinvolgere a livello social gli utenti della sua piattaforma virtuale.
Il concorso a premi ha permesso a tutti gli utenti dell’App di votare le tendenze nelle categorie di cibo più quotate e ha registrato una partecipazione che si è concretizzata con oltre 70.000 voti finali totali.
Le votazioni in più riprese sono servite a scremare i risultati fino ad arrivare ai finalisti delle 19 categorie proposte: tra queste troviamo la categoria “Miglior Offerta Vegan”.
Non stupisce tanto vedere che i piatti vegan si siano aggiudicati una categoria tutta loro nel concorso, quanto piuttosto scoprire che lo stesso fast-food vegan che ha vinto il premio popolare come “Miglior
Offerta Vegan” è stato eletto al termine della cerimonia anche come “Miglior Ristorante dell’Anno” secondo Deliveroo.
Ad aggiudicarsi i due premi è stato Oowee Vegan, fast-food vegan con sede a Bristol. Insomma … la rivoluzione continua!

MondoVeg.it 2 – The Fork, termometro del mondo vegan

MONDOVEG.IT 2 – THE FORK, TERMOMETRO DEL MONDO VEGAN

TheFork in occasione del World Vegan Day lancia un’indagine sulla cucina vegan. La sempre più diffusa attenzione a sostenibilità e salute stanno spingendo molti consumatori ad adottare un regime alimentare privo di carne, uova e altri derivati animali. In vista del “World Vegan Day” che si è tenuto lo scorso 1° novembre, TheFork, tra le principali app di prenotazione online di ristoranti, ha voluto approfondire il fenomeno con un sondaggio. Il 1° novembre non è solo, religiosamente parlando, la festa di Ognissanti. A livello mondiale, infatti, questa data è legata anche al World Vegan Day. Proclamato World Vegan Day nel 1994, questo giorno ricorda la data in cui, 50 anni prima, è stato coniato il termine vegan per la prima volta.
Oggi, in Italia, secondo gli ultimi dati i vegani sono in costante crescita e, anche se la percentuale può sembrare piccola, queste 540mila persone hanno interessi e gusti ben precisi. Ecco perché anche TheFork ha una ricca selezione di ristoranti vegani da provare.

immagine greenreport.it

Che la cucina vegana sia in forte crescita non è una novità, e a dimostrarlo è TheFork, piattaforma più conosciuta di prenotazione di ristoranti online fondata nel 2009 dall’imprenditore australiano Stevan Premutico.
L’interesse dei consumatori verso i ristoranti che offrono opzioni vegane sorprende per l’incremento di richieste in tutta Europa.
In Italia dal 2016 al 2019, le proposte vegan sono aumentate addirittura di 26 volte, in Belgio di 12 volte e in Francia di 10 volte.
L’Italia è anche il Paese del gruppo TheFork con il maggior numero di ristoranti con opzioni vegane: il 22% dei ristoranti partner offre almeno un piatto vegan nel menù. Seguono la Danimarca con il 20% e il Belgio
con il 17%. Se l’Italia è il paese con il maggior numero di indirizzi vegan friendly, a livello di città è Parigi a offrire la più ampia scelta con 293 ristoranti, seguita da Barcellona (266). In Italia la Top 3 è costituita da
Roma (264), Milano (124) e Torino (55)

Per quanto riguarda i consumatori, a livello europeo gli spagnoli si sono detti più interessati a questo trend (43% dei rispondenti), seguiti dai francesi (36,7%) e dagli italiani (26,4%). Le donne sono in generale più
propense a uno stile di vita vegano rispetto agli uomini (40% contro 33%) e laddove i consumatori non si sono dimostrati interessati ad abbracciare questa filosofia, la maggior parte si è dichiarata disposta a
ridurre il consumo di carne in futuro (51% dei rispondenti).
Dall’indagine di TheFork, il quadro complessivo del trend in Italia risulta positivo con l’81% dei rispondenti che dichiara di voler provare un ristorante vegano e il 48% si dice interessato a limitare il consumo di carne
in futuro.
Dati che rincuorano, che fanno sperare che un profondo cambiamento si stia davvero radicando nella nostra società.

MondoVeg.it 1 – Che la rivoluzione abbia inizio.

Partiamo per un viaggio chiamato MondoVeg.it e a guidarci sarà Roberta Pupa.

Prima puntata della rubrica MondoVeg.it, a cura di Roberta Pupa

Viviamo in un periodo storico in cui siamo molto più sintonizzati sul cambiamento consapevole e su un’evoluzione del nostro intero stile di vita. Pensiamo per esempio alle nostre abitudini alimentari. 

A questo proposito, facciamo riferimento ai dati emersi dall’ultima ricerca Eurispes – Istituto di studi politici, economici e sociali che dal 1982 studia le abitudini degli italiani. Parliamo dei dati raccolti nell’anno 2019.I dati Eurispes 2019 parlano chiaro: sono in calo i vegetariani rispetto allo scorso anno, ma i vegani aumentano di un punto percentuale: le diete vegetariana e vegana sono considerate a tutti gli effetti abitudini alimentari consolidate e ben radicate nel nostro paese. Ma non è tutto: dalla panoramica realizzata da Eurispes, emerge anche che il numero di vegani nel nostro paese sta aumentando. Potremmo forse sperare che i tempi siano maturi per capire come riuscire DAVVERO a tutelare la scelta alimentare vegetariana e vegana e il diritto ad avere un’alimentazione in linea con i propri principi etici perché, ad oggi, nessuna delle proposte di legge che vanno in questa direzione e presentate alla Camera e al Senato è stata approvata. 

Nel complesso il numero di vegetariani e vegani nel nostro paese si aggira attorno al 7,3%, un dato che, nonostante le normali oscillazioni annuali, si conferma stabile negli ultimi sei anni. In Italia il mondo “veg” è prevalentemente femminile: il 5,8% è vegetariano contro il 5% degli uomini, il 2,8% è vegano contro l’1,1% degli uomini. Ovviamente la scelta vegan è un’evoluzione dal punto di vista totale del nostro stile di vita, quindi l’alimentazione è solo una parte del tutto. Le motivazioni che stanno dietro a queste scelte alimentari sono infatti riconducibili all’adozione di una vera e propria filosofia di vita, oltre che per ragioni di salute e scelta etica per non parlare delle ragioni che legano le nostre scelte alla tutela e al rispetto dell’ambiente in cui viviamo. Notizia di questi giorni, per portare un esempio, il successo assoluto di un nuovo modello di scarpa da ginnastica Adidas costruito quasi interamente con la plastica sottratta dagli oceani. Sei milioni di paia di scarpe venduti in due anni, realizzate con plastica riciclata e raccolta dalle spiagge e dalle comunità costiere prima della sua dispersione negli oceani.

Per ascoltare il Notiziario Veg, cliccare QUI.

Roberta Pupa
Roberta si presenta

Milano, 15/01/2020

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